Metodo di Pyteas (ca 330 a.C)

Per la determinazione dell’inclinazione dell’asse terrestre

Per meglio comprendere il cambio delle stagioni e il variare delle ore diurne e notturne nel corso dell’anno astronomico, si supponga che l’asse terrestre NS non sia inclinato rispetto all’eclittica (nel modello eliocentrico, il piano ellittico in cui orbita la Terra nel suo moto di rivoluzione intorno al Sole), sia cioè perpendicolare a tale piano. Corollario di tale ipotesi è che i piani del cerchio equatoriale, dell’equatoriale celeste e dell’eclittica sono complanari, giacenti sullo stesso piano.

Per comodità didattica, ma confortati dal principio di relatività galileiana dei moti, e perché verosimilmente coincidente col modello astronomico di Pyteas, scegliamo il modello geocentrico per accennare alle ulteriori conseguenze che la nostra ipotesi comporta.

 

 

Ora, poiché il piano eclittico ed equatoriale coincidono, nel suo moto diurno il Sole illumina la Terra ogni giorno per la durata di 12 ore, qualunque sia la latitudine in cui si trova un osservatore; in altre parole, è come se ogni giorno fosse l’equinozio, motivo per il quale non esisterebbero le stagioni astronomiche. Altro sono le stagioni climatiche.

Ogni giorno, inoltre, alla stessa ora il Sole sarebbe sempre alla stessa altezza; nell’ora meridiana l’Astro sarebbe osservato allo zenit, da un osservatore posto ad una latitudine j = 0, cioè all’equatore. Per qualunque altra latitudine, a mezzogiorno il Sole si troverebbe sempre alla stessa altezza pari alla colatitudine del luogo: h = 90° – j. Al Polo Nord, j = 90°, paradossalmente il Sole si troverebbe all’orizzonte per 24 ore.

 

L’esperienza quotidiana, quando indossiamo le vesti di provetti astronomi, ci dice tutt’altro: variano le ore di luce diurne e conseguentemente le stagioni astronomiche. Un abitante che vive all’equatore si accorge che solo in due momenti dell’anno il Sole si trova esattamente allo Zenit: nei giorni degli equinozi. Mentre un osservatore che si trova al tropico del cancro constata lo stesso fenomeno solo al solstizio d’estate, dopo di che vede diminuire la durata di luce diurna, raggiungendo un minimo al solstizio d’inverno, e poi di nuovo crescere, passando per il giorno dell’equinozio di primavera, per tornare al massimo della durata al successivo solstizio. Ancora più singolare è l’esperienza per un viaggiatore che dall’equatore si sposta verso il Polo Nord. Egli nota che la durata diurna cresce al crescere della latitudine fino ad essere sempre giorno a latitudini prossime al polo nord, dall’equinozio di primavera fino all’equinozio d’autunno, per tornare a decrescere dopo questo evento, fino al buio totale.

Fu questa l’esperienza che ebbe sotto gli occhi Pyteas, astronomo e geografo della Magna Grecia. Il resoconto del suo viaggio fino alle coste dei paesi scandinavi fu preso in seria considerazione da astronomi come Eratostene.

Se, infatti, varia la durata delle ore del giorno e della notte, da cui discende il divenire e l’alternarsi delle stagioni, o viceversa, il motivo non poteva che essere attribuito all’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’eclittica. Pyteas fu il primo a determinare il valore di questa inclinazione. Egli intuì che l’angolo dell’obliquità dell’eclittica, rispetto al piano equatoriale o, che è lo stesso, l’inclinazione dell’asse terrestre, rispetto all’eclittica, corrispondeva alla differenza angolare tra la massima altezza del Sole al solstizio d’estate e l’altezza solare dell’equinozio, prese al passaggio sul meridiano locale, cioè a mezzogiorno locale vero. Non è pleonastico sottolineare che, se oggi si vuole verificare il ragionamento di Pyteas, è vietato l’uso degli orologi da polso, o qualsivoglia cronometro moderno: nessuno di questi orologi, sia esso meccanico o atomico, stabilisce il mezzogiorno locale vero.

 

 

Quale strumento usò allora il nostro astronomo? Lo strumento di misura principe del Tempo: una meridiana!

Dopo aver individuato i punti esatti del mezzogiorno locale vero a Marsiglia, che equivale a determinare la linea Nord-Sud, fissò uno gnomone, perpendicolare al piano dell’orizzonte e misurò le ombre che lo gnomone proiettava sul piano nei giorni dell’equinozio e del solstizio d’estate, quando il Sole si trovava al culmine del suo percorso giornaliero, cioè a mezzogiorno locale vero…

Noi abbiamo riprodotto fedelmente il metodo di Pyteas, raffigurandolo sulla meridiana a lui dedicata, utilizzando solo riga e compasso, e le ombre proiettate dallo gnomone, naturalmente!

 

Pyteas

Cerchio d’Ipparco

Armillare

Equatoriale