IL CERCHIO D’IPPARCO

Per comprendere lo strumento astronomico da noi realizzato, passato ai posteri come "Cerchio d’Ipparco", occorre risalire al fenomeno della Precessione degli Equinozi.

La rotazione della Terra avviene intorno ad un asse puntato verso un punto della volta celeste, il Polo Nord Celeste. Attualmente questo punto è vicinissimo ad una stella, la stella Polare, posta all'estremità del "timone" dell'Ursae Minor, ma non coincide con essa. Prendendo, infatti, come sistema di riferimento l'Equatore Celeste, il cui piano sappiamo essere la proiezione nel cosmo dell'Equatore terrestre, l'a Ursae Minor ha declinazione d = 89° 17' 12", e non d = 90°, come dovrebbe essere se questa stella fosse realmente sul Polo Nord Celeste. Il punto più vicino al Polo Nord Celeste sarà da essa raggiunto nel 2100 avente declinazione d = 89° 32' 25", con una differenza di circa 28', contro gli attuali 43'. Cerchiamo di vedere nel modo più elementare possibile questo fenomeno fisico ed astronomico.

 

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La Terra non è una sfera perfetta ma è caratterizzata da un rigonfiamento equatoriale. Di conseguenza, come dimostrò Newton, le forze di attrazione esercitate dal Sole e dalla Luna, e in minor misura dai pianeti, fanno sì che l'asse di rotazione non mantiene una posizione fissa nello spazio, ma si sposta molto lentamente descrivendo un doppio cono avente come vertice il centro della Terra.

A causa di questa attrazione gravitazionale, l'estremità dell'asse si sposta con lenta regolarità disegnando un cerchio che tocca via via regioni diverse della volta celeste

 

Questo movimento giroscopico, simile all'asse di una trottola in rotazione, fa sì che la Polaris lascerà il privilegio di indicare il Nord, cedendo questa funzione ad altre stelle. Questo fenomeno è detto "Precessione degli Equinozi", perché fa slittare di 360°, in un periodo di circa ventisei mila anni, il punto in cui l'ec1ittica interseca l'Equatore Celeste. Detto in altri termini, ogni anno l'asse terrestre "precede" di 50,25" d'arco il punto in cui incontrava l'equatore un anno prima.

Fu Ipparco a studiare il fenomeno nel senso scientifico come oggi noi lo intendiamo, secondo canoni geometrici già in quei tempi molto evoluti, sebbene questo fenomeno fosse già noto agli antichi Egiziani del III millennio a.C. Ipparco notò che la stella Spica da lui misurata nel 139 a.C. differiva di circa 2° da quella misurata da Timocrate nel 273 a.c.

Per il moto di Precessione, circa cinquemila anni fa la stella più vicina al Polo Nord era a Draconis, della Costellazione del Dragone, e gli astronomi egizi ad essa si riferivano quando dovevano misurare l'altezza della stella polare sull'Orizzonte terrestre. Mille anni prima di Cristo il Polo Nord era a poco più di 6° di distanza dalla stella a Ursae Minor, Kochab. Kochab salutò ancora da stella polare la parabola ascendente della potenza di Roma e la nascita di Cristo, ma quando ormai si delineava la disgregazione dell'impero romano, nel V secolo, ormai il Polo Nord era equidistante da Kochab e dall'attuale polare. Nel corso degli ultimi millecinquecento anni, il Polo Nord Celeste si è sempre più avvicinato ad a Ursae Minor. Nel 2100, come si è detto, tale distanza sarà al minimo, e da lì in avanti essa andrà aumentando. La prossima stella polare sarà Al Deramin nella Costellazione Cefeo, che si troverà alla minima distanza dal Polo Nord intorno all'anno 7000, poi sarà il turno di Deneb nella Costellazione del Cigno, intorno al 10000, infine Vega nella costellazione della Lyra nel 14000. A questo punto, il percorso s'inverte e dopo tredici mila anni circa la Polare sarà di nuovo l’a Ursae Minor.

Tornando ad Ipparco, ora capiamo il motivo della ricerca scrupolosa della determinazione esatta dell'Equinozio di Primavera, necessario per conoscere il variare della posizione delle stelle nel cielo. Non solo, determinare il momento dell'Equinozio era ed è necessario per conoscere la durata della rivoluzione della Terra attorno al Sole, l’anno tropico. Su questi studi, l'astronomo Sosigene permise a Giulio Cesare di riformare il calendario di Numa Pompilio. Con le dovute correzioni, come quelle apportate dalla Riforma di Gregorio XI, il calendario giuliano è tutt'oggi valido.

 

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Oggi, nell'epoca della tecnica, strumenti sempre più sofisticati calcolano i momenti degli Equinozi e dei Solstizi, ma nell'antichità tale misura era affidata, servendosi della geometria per interpretarle, alle ombre, spesso usando strumenti semplici come riga e compasso, come la meridiana del Bianchini in Santa Maria degli Angeli a Roma o il "nostro" Cerchio d'Ipparco. La semplicità di quest'ultimo strumento, non inganni. Esso è carico di principi teorici appartenenti alla geometria di cui astronomi e geografi facevano uso, nonché di attente osservazioni scientifiche. Doveva già essere noto, ad esempio, il concetto di latitudine del luogo dell'osservatore rispetto all'Equatore terrestre, scoperta già compiuta da Eratostene nel 250 a.C., così come noto era il fatto che l'altezza del Polo Nord Celeste, rispetto all'orizzonte terrestre, era la stessa della latitudine dell'osservatore; non solo, ciò implicava la conoscenza dell'inclinazione dell'asse terrestre rispetto a ciò che oggi noi chiamiamo eclittica.

 

Qualcuno già sapeva che non il Sole attorno alla Terra, ma la Terra girava attorno al Sole, come sosteneva già Aristarco di Samo. Conosciuti questi fattori, teorici ed empirici, Ipparco costruì un cerchio orientato secondo un angolo complementare alla latitudine del luogo al centro del quale passava un asse parallelo all'asse terrestre il cui angolo d'incidenza col terreno altro non era che la latitudine del luogo. E' intuitivo a questo punto pensare e vedere questo cerchio come la rappresentazione, in scala, dell'Equatore terrestre e celeste. Non restava che attendere il passaggio del Sole sull'Equatore Celeste vero e proprio. Ebbene, nella sua lenta risalita dal Solstizio d'Inverno, dove il Sole dimorava sul cerchio ideale del prolungamento del parallelo del Tropico del Capricorno, nel momento in cui l'astro passerà per l'Equatore Celeste (latitudine celeste d = 0) i suoi raggi, incidendosi sul bordo del disco circolare, proietteranno una linea d'ombra rettilinea. Questo è il momento dell'Equinozio.

Sulla facciata della chiesa di Santa Maria Novella, a Firenze, si può osservare uno splendido esemplare del cerchio d'Ipparco, costruito dal matematico e astronomo perugino padre Ignazio, al secolo Pellegrino Danti. Noi abbiamo scelto di servirci di una meridiana orizzontale dove al vertice dello gnomone, basandoci sugli stessi principi astronomici, abbiamo collocato, perpendicolare ad esso, un disco circolare avente la stessa funzione del Cerchio d'Ipparco.

Nella nostra Civiltà, la determinazione dell'Equinozio ha anche una valenza religiosa, perché la sua conoscenza regola, fissando la Pasqua, il calendario liturgico. Ciò fu stabilito dal Concilio di Nicea, nel 325. Qui fu fissata la regola per il calcolo della Pasqua: calcolato il giorno dell'Equinozio di Primavera, si aspetti il primo plenilunio dopo l'Equinozio, la domenica successiva al plenilunio sarà la Domenica di Pasqua. Poiché in quell’anno l’Equinozio cadeva il 21 Marzo fu altresì stabilito che la Pasqua doveva cadere in una domenica compresa tra il 22 Marzo e il 25 Aprile. Potrebbe verificarsi, infatti, che il 21 Marzo accada di domenica, e che tale giorno sia contemporaneamente giorno di plenilunio e di Equinozio, in tal caso si aspetta il successivo plenilunio, celebrando la Pasqua la domenica ad esso successiva, di fatto il 25 Aprile. Se invece l’Equinozio cade il 21 Marzo di sabato, giorno di plenilunio, allora la Pasqua sarà celebrata la domenica del 22 Marzo. Le regole del Concilio di Nicea, ancora valide per la Chiesa cattolica, in quanto sono dottrina, non tengono conto del fatto che l’Equinozio possa accadere il 20 o il 22 Marzo.

Ci piace terminare ponendo l’accento su una strana coincidenza, che Nicea di Bitinia, la città conciliare, oggi in Turchia, è la stessa città che dette i natali ad Ipparco.

 

Pyteas

Cerchio d’Ipparco

Armillare

Equatoriale