Riflessione sulle ore babiloniche.

 

Rare volte ci avviciniamo ad una meridiana con lo sguardo scevro da ogni pregiudizio estetico, e con troppa enfasi poetica guardiamo la bellezza del quadrante orario. Ci rapisce, al di là delle leggi matematiche che hanno portato alla sua costruzione, la percezione di vivere un tempo diverso da quello scandito dai nostri sofisticati orologi da polso. Seguiamo il lento incedere dell'ombra, credendo di esserci staccati dal tempo meccanico e monotono del ritmo quotidiano, e per questo ci sentiamo proiettati nel mistero della poesia del tempo. Eppure qualcosa ancora ci sfugge, davanti a quelle linee e all'Ombra che indica le Ore. Ecco, le Ore, ossia il Tempo nel suo significato di Kayros, il tempo carico di eventi, tragici o lieti che siano. Diciamo, infatti, che quel quadrante computa le ore secondo il sistema italico o babilonese, ma non consideriamo che i due sistemi orari sono carichi di attese e aspettative diverse. Un quadrante ad Ore Italiche, in altre parole, non rispecchia la stessa percezione temporale di un quadrante ad Ore Babilonesi.

Il primo, infatti, scandisce le Ore a partire dal Tramonto, e in riferimento a ciò che rappresenta il Tramonto vive l'Uomo che lo guarda; il secondo scandisce le Ore avendo come punto di riferimento l'Alba. Il primo sistema di riferimento contempla l'attesa della Notte, e ciò che la Notte rappresenta, il secondo del Giorno, delle luminose Ore del Giorno. Sono stati emozionali diversi, che diversamente ci predispongono a vivere il mistero del Tempo.

Supponiamo di essere davanti a due quadranti, uno ad Ore italiche l'altro ad Ore Babilonesi, durante l'Equinozio di Primavera, al passaggio del Sole sul meridiano locale, pertanto al mezzogiorno locale vero. Eppure i due quadranti stanno segnando ore diverse: per il primo è la diciottesima Ora, per il secondo solo la sesta Ora del Giorno.

Non è la stessa cosa, no, non lo è!

 

 

Ore antiche

Cerchio d’Ipparco

Q. italico

Q. babilonico